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Mostra
del Nuovo rinascimento

critica di Angela Patrono

Pervasa da un misticismo visionario, la pittura di Roberto Venturini scavalca le transenne del consueto per approdare nei lidi di un mondo onirico, magico, surreale. Nella sua arte, fusione alchemica tra estro e natura, riverberano echi di Dante, Jung, Platone, sapienti maestri che disseminano indizi sulla Via, spronando l’iniziato a trovare il proprio sentiero. Come nella raffaellesca Scuola di Atene, grandi anime riunite in simposio sono presenti, in maniera più o meno manifesta, nelle opere di Venturini. Ma questo universo così variegato ha una segreta connessione con un altro dipinto di Raffaello: Il Sogno del Cavaliere, in cui emerge l’afflato esoterico di stampo neoplatonico nel solco di una ricerca spirituale senza fine. 

Alchimista dei giorni nostri, Venturini trasmuta la materia grezza attraverso le fasi di un processo catartico. Fin dalla primissima lavorazione, la tavola è purificata attraverso la prova del fuoco: ardendo come una Fenice, viene esposta agli elementi naturali e cosparsa di sughero, sabbia, colate di cera; il rituale ha così compimento e l’artista può finalmente trasporre il frutto del suo spirito sul supporto materiale.

Nelle sue favole in punta di pennello, Venturini è di volta in volta miniaturista medievale, sciamano, pittore surrealista. La “pittura mistica”, così definita dall’artista, è mediata dal simbolo che sprigiona tutta la sua potenza in molteplici aspetti: nel contrasto cromatico, nella forma pura del cerchio o in caotici pigmenti primordiali, nelle fantasmagorie oniriche o nell’infinità di creature che popolano ogni tavola. Il Viaggio dell’Anima neorinascimentale è un percorso dal substrato cristologico, un’escatologia che redime un mondo in travaglio attraverso l’Amore. Ed è lo stesso artista – viator e guida al tempo stesso – ad accompagnarci lungo sentieri scoscesi e labirintici, per terra o per mare, passando attraverso il fuoco purificatore per approdare al Cielo.

Il percorso dell’anima ha origine da una Inizia-Azione, in un affollarsi di sagome, mostri e spiritelli immersi in un magma primordiale che può essere trasceso volgendo gli occhi a una luna benevola e foriera di pace; ciò prelude al dipinto successivo, Il Cristo, un inno al superamento della dualità conflittuale attraverso l’Amore consapevole. Sono vortici e cerchi, segni e bruciature a nutrire il Trittico, composto da opere dal vibrato sciamanico: Colomba della Pace, Incontro e Sogno, che raccontano il contatto con l’alterità e il desiderio di relazione dell’anima incarnata per fare esperienza nello spazio-tempo. Ma la coesistenza tra anime non è sempre idilliaca: per ignoranza, ottusità o malvagità, non tutti sono disposti a riconoscere l’Altro come fratello, e il dramma dell’ingiustizia perpetrata verso i più deboli è narrato in una tavola come Acqua tremenda, dove risuonano note dolenti in uno straziante omaggio ai profughi annegati nel Mediterraneo. Lo scenario che si presenta Dopo l’inquinamento è catastrofico, ma due impavidi esseri umani, muniti di tuta e scafandro, sono pronti a gettare i semi dell’umanità nuova. Dopo la purificazione si compie così una Metempsicosi, trasmigrazione delle anime, in cui le anime scelgono di ritornare sulla Terra per continuare la loro Missione al servizio di un Bene supremo, lasciando scorgere la possibilità di una palingenesi. Che si compie in Arrivo in Paradiso, un tondo che può rievocare le rappresentazioni dantesche di Sandro Botticelli e Gustave Doré, ma anche il fulgore divino della Trasfigurazione raffaellesca. Nella circolarità dell’Infinito le anime approdano alla Meta, la stessa visitata da Dante – raffigurato nell’opera insieme a Beatrice – nel suo capolavoro immortale. Ad accogliere i pellegrini al traguardo sono un cane e un gatto, messaggeri di un amore incondizionato oltre l’ego. Quell’Amore «che move il sole e l’altre stelle», che ci umanizza e divinizza al tempo stesso, portandoci fuori da noi stessi benché fissi nel nostro centro, finalmente riconciliati con l’Identità suprema.

– Angela Patrono

 

 

Mostra di Genova

ΓΕΦΥΡΑ:TRA PASSATO E PRESENTE

Testo critico di Maria Marchese

"In ogni caos c'è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto" 

(Carl Gustav Jung) 

 

Roberto Venturini nelle proprie opere celebra la voragine insita nel caos... 

 

 

L'autore "effettista" sposa se stesso alla genesi dell'opera: con la scelta del supporto materico ha inizio la celebrazione delle nozze, infatti. 

Venturini affida poi quest'ultimo alle fiamme, bruciandone la superficie; dopodiché lo "dona" alle condizioni esterne, per una settimana, perché vi infondano la propria energia. 

Trascorso questo lasso di tempo, l'artista si  ricongiunge ad esso, risvegliandovisi addentro, in un'inedita alba; inizia allora a disvelare la voragine intrinseca nell'opera. 

L'artefice assume tra le palme la significanza del "cháos" greco, derivato dal verbo khaíno 'aprirsi, spalancarsi' e, tra esse, ritrova un magma concettuale/esperienziale, promanato dalla forza di quel valico tellurico/esistenziale soprasensibile. 

La parte superna e quella terragna, come quella gassosa e rocciosa nella lava, in esso sono coese e confuse. 

L'artista effettista afferra i lembi di ciascuna sfera e li trasla, attraverso un disvelamento lento e certosino, entro una nuova sensatezza, che appare in maniera naturale. 

L'autore stesso agisce con ignara consapevolezza: la sua certezza nasce dalla fondatezza di ciò che è preesistente e che, semplicemente, va traslato e tradotto. 

Quindi l'autore pronunzia, centellinandolo con pennello, spatola, mani, oggetti vari... un melisma dissertativo, che si affaccia alla vita, attraversaversando un crescendo materico e tonale. 

"La natura non è solo tutto ciò che è visibile agli occhi… include anche le immagini interiori dell’anima" 

(Edvard Munch) 

 

Venturini imprime ogni accento di quest'ultimo via via: affiorano così illimiti spaziali e forme che, al termine dell'opera, autore e osservatore leggeranno. 

"Separati dalla rete" sboccia nel rispetto di spazi aurei: da lì, cielo e terra si uniscono nella sfera del realismo magico. 

 

 

 

Il valore cromatico carezzato dall'autore favola l'opera: un contemplativo blu la fa da padrone, mentre l'oro ne impreziosisce gli elementi, il verde li naturalizza o, al contrario, ne svela la separazione, il grigio li profuma di incertezza e cambiamento. 

La favola astrale di Roberto Venturini ha come protagonisti due esseri umani e alieni: è la rete e la tecnologia a separarli dal tutto. 

 

 

"La differenza tra la tecnologia e la schiavitù è che gli schiavi sono pienamente consapevoli del fatto di non essere liberi" 

(Nassim Nicholas Taleb)

Paradossalmente, seppur connessi, essi sono disconnessi dalla continuità in cui ognuno è vivida mater genera, per se stesso e per gli altri. 

Il verde, che li effigia, diviene per l'appunto sintomatico dell'artificiosità e della distanza, anziché della naturalezza. 

Essi esistono come presenza sensibile ma estranea, nel grigio respiro della città. 

 

 

 

Attorno fluisce lo scorrere universale, intanto. 

Ai loro piedi vortica un lago magmatico, che promana l’obrizo dell'origine del testo pittorico/materico: nascono i passi/passaggi, che fioriscono la realtà e la storie, in divenire. 

 

Così definisce Roberto Venturini questi dialoghi artistici, in cui lo spazio diventa contesto della narrazione e laiason per l'addivenire della vicenda; il luogo, quindi, prende a sua volta vita e definisce i nuclei umani che partecipano alla situazione. 


 

 

 

Dal prillare dorato si liberano figure che ricordano soggetti, a tratti, fantastici, come l'uomo, la principessa, l'elfo... che approdano poi ad un luco; esso, a sua volta, muta in cielo, ove si esperiscruna civiltà. 

L'azzurrità assume l'essenza della terrea veste. 

In questo viaggio s'incontra anche una barca, simbolo del viaggio esistenziale ma anche del problema dell'immigrazione clandestina. 

 

Un'ombra ammicca, inquietante: è la figura di Hitler. 

 

Il duce milita nella sfera superna; ci rammemora il ruolo drammaticamente importante che ha avuto nel corso della storia e altresì rappresenta un pensiero distruttivo, che serpeggia ancora oggi.

Questi sono alcuni dei riferimenti principali, in termini spaziali e umani, che ben ci aiutano a comprendere la necessarietà di questo istante artistico reale, magico e assoluto.

Roberto Venturini si conferma come autore peculiare, capace e impegnato concettualmente e socialmente. 

L'opera è stata esposta alla collettiva genovese ΓΕΦΥΡΑ:TRA PASSATO E PRESENTE  il cui art director è stato Valeriano Venneri e la cui parte curatoriale è stata seguita da Loredana Trestin e Maria Marchese.

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